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Il gatto è davvero un solitario?

Moltissime persone considerano il gatto come un animale solitario e opportunista. Sono questi i due aggettivi più spesso associati a questo magnifico animale, compagno di vita per milioni di persone. Luoghi comuni scaturiti da un rapporto con un animale che, malgrado viva da millenni accanto all’essere umano, è ancora poco conosciuto e meno studiato rispetto al cane.

Il gatto viene definito, in etologia, una Specie a “socialità facoltativa. Vediamo cosa vuol dire e come questo si ripercuote sul nostro modo di pensarlo, di rapportarci a lui e su ciò che consideriamo importante offrirgli quando decidiamo di adottarlo.

Socialità del gatto

La socialità del gatto

Le specie sociali sono caratterizzate da una storia evolutiva che le ha portate ad avere come priorità di vita l’appartenenza ad un gruppo e la condivisione di gran parte delle proprie azioni con individui del gruppo di appartenenza.

Le specie sociali come, ad esempio, l’essere umano o il cane, sin dai primi momenti di vita cercano dei partner con i quali condividere tutto. Il cane si pensa al plurale, in ciò che fa cerca dei partner che appartengano al proprio gruppo di appartenenza – gruppo a carattere famigliare – pianificando ogni sua azione in collaborazione con il gruppo.

Il gatto, invece, ha una socialità che non è totalizzante ma facoltativa, sceglie cosa fare in autonomia – gran parte dei comportamenti vitali come cacciare, consumare il cibo, esplorare un ambiente, crescere la prole – e cosa invece è piacevole da condividere. In sostanza, il gatto non ha bisogno di appartenere a un gruppo, ma ha piacere di avere dei compagni di vita con i quali condividere (gran) parte del suo vissuto.

Leggere con un gatto

“Two is megl che one”

Citando una frase inglesizzata di una nota pubblicità, possiamo pensare a gatto, socialità e solitudine esattamente in questi termini: in due la vita è più bella. Un gatto, ancor più se nato e cresciuto in ambiente domestico e famigliare, conosce la vita di intima e costante condivisione sin dalla nascita, quindi si trova più spesso a scegliere di essere “insieme”, gradendo questa condizione molto più del suo “cugino” che vive una vita ferale.

La più grande evidenza di questo è la sua curiosità. Chiunque viva con questo animale ha occasione di sperimentare quanto sia forte la sua presenza in casa: lui c’è mentre siamo al computer, quando ci accomodiamo sul divano, rifacendo il letto o cucinando.

In casa la sua presenza è presenza vera. Ama guardarci, nascondersi per poi ricomparire all’improvviso in un singolare e divertente invito al gioco, ci contempla mentre facciamo un bagno caldo giocherellando con la schiuma, incombe dal mobile più alto della cucina mentre prepariamo la cena.

È vero, questo animale è e resta un compagno di vita che non ci chiede di collaborare per catturare una preda, che se ha la possibilità perlustra l’ambiente per ore senza curarsi di noi, che ama i suoi momenti di privacy e si apparta per toelettarsi, ronfare, rilassarsi. È altrettanto vero, però, che la nostra presenza e ciò che facciamo è altrettanto importante per lui, ancor più quando non ha la possibilità di uscire e vive accontentandosi di un ambiente monotono.

Compagnia di un gatto

Solitario o solo?

Forse è più efficace, quindi, definire il gatto animale “solitario facoltativo”, per comprendere se e quanto possa pesargli la solitudine.

Un gatto in appartamento sceglie, è vero, dei momenti solitari ma questi, ad una attenta osservazione, si rivelano secondari rispetto alla presenza più o meno discreta accanto a noi per gran parte della sua giornata. Questo significa che la solitudine è uno stato emotivo che colpisce e produce sofferenza anche in questo animale. Innegabilmente i sintomi di una sofferenza di questo tipo sono meno evidenti di quelli che mostrano, ad esempio, quei cani che hanno forti attacchi d’ansia alla separazione dalla loro famiglia, ma ciò non significa che questa condizione non abbia un impatto negativo sul suo benessere.

Gatto in una valigia

Sintomi e rimedi per la solitudine del gatto indoor

Prestando un po’ di attenzione e affinando la nostra sensibilità, possiamo cogliere se il nostro gatto soffre di solitudine. Ci sono dei soggetti che fanno strane cose al momento dell’uscita dei famigliari o durante la loro assenza. Possono ostacolarci o cominciare a fare agguati mentre ci accingiamo ad uscire, aggrappandosi alle caviglie o saltando dentro la borsa appoggiata sul tavolo. Possono farci trovare coriandoli di carta igienica o dune di lettiera tirata fuori dalla cassetta igienica al rientro dal lavoro. Comunemente questi vengono sminuiti e definiti “dispetti” ma, attenzione, sono segnali di malessere, di uno stato ansioso che il nostro amico non sa come comunicare, se non così.

Cosa fare, allora? No alla adozione impulsiva di un altro gatto. Spesso questo crea ancora più disagio che altro perché la mancanza è di noi, non di un nuovo gatto da ospitare a casa sua. Se si desidera adottare un secondo gatto, meglio rivolgersi ad un professionista per comprendere quanto questa scelta possa essere gradita o aggravante quello che vive già con noi.

Sì a migliorare ed arricchire la relazione affinché ci siano momenti di qualità e condivisione associati a momenti di sereno relax del gatto mentre noi siamo al lavoro. Ciò può essere facilitato da un ambiente adeguatamente organizzato, stimolante e interessante per il gatto che potrà scegliere tra un lungo e riposante pisolino, in nostra assenza, e l’esplorazione delle vette domestiche, la ricerca di giocattoli nascosti, una bella “trasmissione video” da guardare accoccolato sul davanzale della finestra di casa.

A cura della dott.ssa Maria Chiara Catalani,
Medico Veterinario Esperto in Comportamento Animale
Centro Veterinario Gregorio VII - Roma - BluVet
Presidente Senior SISCA
PhD Fisiopatologia e Medicina Anim. d'Affezione
Consulente MyLav

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