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Nemo, ovvero il pesce pagliaccio

I pesci pagliaccio sono oggi estremamente diffusi, anche grazie al successo del lungometraggio uscito nelle sale nel 2003 che aveva come protagonista Nemo. A seguito dell’uscita del film la richiesta di pesci pagliaccio aumentò globalmente ma spesso gli acquirenti non ne conoscevano la corretta gestione in acquario. Prima di qualsiasi acquisto in ambito acquariofilo sarebbe invece fondamentale informarsi per il rispetto del benessere animale sulla gestione dell’ambiente acquatico, della componentistica e delle esigenze delle singole specie.

Pesce Pagliaccio

L’origine del nome

Chiariamo innanzitutto che con il termine comune di “pesci pagliaccio” si intende in realtà un complesso di circa 30 specie che fanno parte della famiglia dei Pomacentridae, 29 delle quali incluse nel genere Amphipirion e una nel genere Premnas. Questi pesci hanno dimensioni relativamente ridotte, dagli 8 ai 14 cm a seconda della specie, e popolano le barriere coralline che si estendono dal Mar Rosso fino all’Oceano Pacifico.

Il nome “pesce pagliaccio” deriva dalla tipica livrea che ricorda lontanamente quella degli artisti circensi. Sono senza dubbio tra i pesci più diffusi e amati nell’acquariofilia tropicale di barriera a livello mondiale con quote di commercio notevoli da decenni. Già nel lontano quinquennio 1997-2002 l’importazione europea dei soli A.ocellaris era stimata a circa 123.640 esemplari.

Pesce pagliaccio che sbuca da un anemone

Quando una pinna aiuta un tentacolo…e viceversa

L’ambiente della barriera corallina rappresenta un vero e proprio dedalo di pericoli. Sono migliaia le specie di pesci che ospita, spesso anche in forte competizione tra loro per la ricerca delle fonti primarie di sostentamento quali alimenti, luce e possibilità di riprodursi.  Competizione che non coinvolge, come facilmente si potrebbe pensare, solo le specie ittiche, ma anche gli stessi invertebrati. Sono centinaia le specie selvatiche che hanno stabilito tra loro rapporti di mutualismo, ovvero una forma simbiotica che garantisce vantaggi per entrambe le parti. Un chiaro esempio sono proprio i pesci pagliaccio, che vivono in simbiosi con gli anemoni, organismi presenti on tutti gli ecosistemi corallini.

I pesci pagliaccio non sono infatti dotati di veri sistemi difensivi; ecco dunque che gli anemoni possono venire loro in aiuto grazie ai loro tentacoli urticanti. In questo modo possono proteggere efficacemente sia la coppia che popola l’anemone, sia le uova che vi depongono. Da tale simbiosi trae vantaggio anche lo stesso anemone, che riceve in cambio una pulizia regolare del substrato, una movimentazione continua dell’acqua che favorisce l’ossigenazione, una difesa attiva nei confronti di alcune specie ittiche come i pesci farfalla (ghiotti di anemoni), oltre alla possibilità di nutrirsi dei resti del pasto che lasciano i propri ospiti.

La simbiosi con l’anemone viene resa possibile grazie al muco di cui sono ricoperti i pesci pagliaccio che li protegge dal composto paralizzante prodotto dall’anemone e utilizzato per catturare il plancton di cui si nutre.

Acquario per pesci pagliaccio

Come lo si gestisce in acquario?

La pianificazione di un acquario di barriera deve essere attenta e seguire specifiche strategie. Una vasca ricca di anfratti ed invertebrati è fondamentale anche per i pesci pagliaccio, nonostante si potrebbe pensare, facendosi trarre in inganno dalle ridotte dimensioni (quantomeno di A.ocellaris), che potrebbero essere sufficienti anche piccoli volumi d’acqua. Non esistono dati scientifici che forniscano una definizione chiara e precisa della quantità minima che dovrebbe essere messa a disposizione di questa specie ittica. Considerando però che è sempre necessario rispettare il benessere animale e garantire spazio di movimento in un contesto di biochimica d’acquario stabile, 120 litri netti di acqua per coppia (esclusa quella nei vani di filtraggio), in una vasca ricca d’invertebrati ben posizionati e selezionati, potrebbe essere una buona opzione.

In presenza di bassi volumi d’acqua, i compagni di vasca dovranno essere limitati a invertebrati come piccoli crostacei e molluschi, evitando di aumentare eccessivamente il carico organico inserendo altri pesci.

Per una corretta alimentazione si dovrebbero bilanciare attentamente le fonti. Per quanto riguarda gli esemplari allevati, si potrà proseguire con i preparati in granuli specifici per pesci marini, mentre quelli catturati necessiteranno di un periodo di adattamento. Chiaramente, soprattutto per gestire correttamente i pesci pagliaccio, sarà fondamentale rivolgersi per la scelta a un negozio specializzato, osservando gli esemplari nella vasca espositiva o di vendita e valutando anche i comportamenti alimentari. In alternativa, previo corretto bilanciamento vitaminico, o come alimento complementare somministrato periodicamente, è possibile somministrare anche alimenti surgelati, precedentemente portati a temperatura ambiente. Tra questi i Mysis, l’Artemia salina (piccoli crostacei), mix a grana fine a base di molluschi per pesci marini e plankton. La disponibilità commerciale di questi prodotti è ampia e variegata con linee specifiche già miscelate per pesci marini di diversa taglia. Anche alghe marine e spirulina rappresentano un’ulteriore fonte nutrizionale complementare da prendere in considerazione.

Riproduzione pesce pagliaccio

Acquisto e riproduzione dei pesci pagliaccio

I pesci pagliaccio sono stati tra le prime specie marine tropicali per le quali è stata ottenuta con successo la riproduzione in allevamento e in acquario. A livello riproduttivo, bisogna innanzitutto sapere che si tratta di ermafroditi proterandrici. Ciò significa che normalmente in natura un anemone è condiviso da una coppia, la femmina, di dimensioni maggiori, e il maschio, più piccolo. Nei territori limitrofi si avventurano giovani esemplari ed individui erranti non accoppiati. Qualora la femmina dovesse morire il maschio della coppia andrebbe incontro a un cambiamento sessuale completo divenendo la nuova femmina, mentre un nuovo esemplare maschile che gravitava intorno all’anemone, assumerebbe il ruolo di maschio della coppia.

I pesci pagliaccio sono ovipari: a seguito dell’accoppiamento le uova vengono deposte in una porzione dell’anemone precedentemente ripulita con accuratezza. Su questo substrato le uova restano adese e vengono costantemente ventilate dai genitori per apportare acqua ricca di ossigeno. Dopo circa cinque giorni queste si schiudono, lasciando fuoriuscire piccoli avannotti che possono essere posti in una vasca di accrescimento e alimentati con alghe unicellulari rotiferi arricchite con alimenti complementari specifici. Dopo circa 14 giorni si potrà iniziare l’alimentazione con i naupli arricchiti di Artemia salina.

La taglia commerciale è di circa 3,5 - 4 cm. Oggi, nell’ambito di un’acquariofilia sempre più consapevole, è opportuno acquistare esemplari provenienti da allevamenti in quanto non solo certificati e già abituati a un’alimentazione commerciale, ma anche perché eticamente corretti e controllati da un punto di vista sanitario.  Le strutture specializzate nell’allevamento oggi presenti in Europa, USA, Asia e Israele, hanno infatti permesso non solo di diminuire l’impatto conseguente al prelievo a carico delle popolazioni naturali, ma anche di ottenere oltre 50 varietà cromatiche talora ben differenti dalla livrea selvatica.

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